manifestazione
Giovanni di Carpegna Falconieri. Le incisioni, il paesaggio, la memoria
Mostra
a cura di Arianna Antoniutti
Galleria
di Palazzo Viviani, Centro Studi
Accademia Raffaello, Urbino
18-28 giugno 2005
Un’antica storia lega due palazzi che svettano alti sui monti fra Romagna e Marche, l’uno, dei Carpegna, sull’omonima cima del Montefeltro, l’altro nel cuore di Urbino, da dove i signori di Montefeltro osservavano le ancora lontane ambascerie che, attese, giungevano da Roma. Molti e proficui sono stati i rapporti fin dal Rinascimento fra le due famiglie signorili, ed ancora oggi da Roma salgono spesso i discendenti dei Carpegna per trascorrere nel loro palazzo momenti di riposo, forieri di studi e di ricerca storica. La Galleria di Palazzo Viviani, sede dell’Accademia Raffaello di Urbino, ospita eccezionalmente dal 18 al 28 giugno la personale di incisioni di Giovanni di Carpegna Falconieri. Nel nome dell’Urbinate che fra i primi dedicò ampio spazio all’incisione, l’Accademia valuta ed incoraggia quanti, fra i giovani, impegnano le proprie risorse ad un’arte antica, che sa esprimere oggi con cuore moderno gli affanni ma anche le speranze di una vita degna dell’umanità. In catalogo un’introduzione dell’Avvocato Alessandro Santini, Presidente dell’Accademia Raffaello e della Professoressa Giuliana Gardelli, consulente artistico dell’Accademia. L’esposizione, a cura di Arianna Antoniutti e organizzata dall’Associazione Culturale Shakespeare and Company2, riassume, tramite un percorso espositivo sintetico ma incisivo ed esaustivo, la produzione grafica dell’artista. Venticinque le opere esposte che compendiano, grazie ad un’accorta scelta di soggetti e tecniche, un cammino intrapreso a partire dal 1997 ed in assidua evoluzione.
Fondatore ed animatore della Biennale Artisti della Carpegna, che si svolge nel Palazzo dei Principi di Carpegna, da sempre pittore, il giovane artista romano trasporta i temi usuali delle proprie tele sulla lastra, li scava con decisione e gesto sicuro, fissandoli con varie declinazioni tecniche: xilografia, puntasecca, ceramolle, acquatinta, acquaforte. La resa paesaggistica è il primo banco di prova e in essa la profonda spiritualità dell’artista, che in molti casi diviene esplicito afflato religioso, affiora attraverso la superficie rivelatrice della lastra. L’esecuzione delle opere iniziali, rispetto agli esiti successivi, è improntata ad una estrema semplicità di linee e di prospettiva, ma nel profilo dei monti, accennato e smussato, e nelle chiome degli alberi, rese con brevità impressionistica, sono intuibili le future aperture stilistiche.
Le sfumature del tratto diventeranno col tempo essenziali, il segno minuto, frammentato, riempirà lo spazio non seguendo più contorni netti e precisi. Anche il gesto dell’incidere si fa via via più sicuro e sapiente ma – questo uno dei nodi della poetica di Carpegna – l’incisione non si riduce alla sua pura esecuzione manuale, né il risultato può tendere alla sola gradevolezza estetica. L’artista rifiuta anzi di ascrivere come fine della propria opera la piacevolezza dell’immagine, affermando che, nascosto al di sotto della superficie apparentemente immota dei suoi quieti paesaggi, è celato un “urlo”, un elemento di disarmonia da comprendere e meditare.
Inquietudini sempre più marcate si fanno poi strada con gli anni, il paesaggio malinconico lascia il passo a campiture nere sempre più fitte, in cui il rigore compositivo si macchia di una tensione che l’abilità tecnica non basta a celare. Anche la pittura segue una decisa svolta, soprattutto in senso materico, l’impasto dei colori diviene sempre più denso e corposo, sino a creare grumi di pigmento. Parallelamente l’incisione muta, passando dalla linearità e bidimensionalità delle prime opere ad una superiore complessità. La corposità cromatica della tela si trasforma nella lastra in un intrico di segni sempre più accentuati, prossimi alla rarefazione dell’universo astratto.